Carissimi lettori tutti, con questo articolo desidero condividere con voi una riflessione piuttosto interessante sulle differenze d’uso della spada nell’Aikido in rapporto al Kendo; nello specifico la questione è tutta incentrata sul Kamae e sulla filosofia che differenzia lo scopo di queste discipline.
Kamae, quale significato?
Per prima cosa bisogna comprendere il significato della parola Kamae e soprattutto del perchè si sta in kamae.
Il Kamae, o guardia, è una posizione che si assume con il corpo o con un’arma in rapporto alla strategia/situazione/stile che ci troviamo ad affrontare.
I Kamae utilizzati nell’ambito della via della spada sono solitamente cinque:
- Jodan no kamae – guardia alta
- Chudan no kamae – guardia centrale
- Gedan no kamae – guardia bassa
- Waki no kamae – guardia posteriore/nascosta
- Hasso no kamae – guardia medio-alta
Ognuna di esse ha un proprio senso e significato e getta le proprie radici nella storia dell’arte della guerra (in tal senso una lettura appropriata è “Il Libro dei cinque anelli” di Musashi Myamoto) ma non è questo il punto.
Il kamae serve per generare nell’avversario un dubbio legato a quale potrebbe essere l’attacco appropriato e la nostra ignota reazione; questo studio reciproco, molto emozionale e delicato, porta i due combattenti ad affinare i propri sensi nella ricerca dell’esitazione, che genera l’apertura, fatale per l’altro.
L’idea che grava in uno scontro fra Samurai di ieri e di oggi è sempre stata
Itto Ryodan – act decisively as a sword cutting through at one blow
Dare tutto in un solo colpo, finché, crescendo nella propria energia, nel proprio Zanshin, si poteva raggiungere lo stato illuminato di:
saya no uchi – vincere senza estrarre la spada
Fatta questa doverosa premessa, va sottolineato che questa riflessione è valida, ed ha senso, per Chudan no Kamae, questo perché, a tutti gli effetti, è l’unica guardia che può, e nella maggioranza dei casi prevede, il contatto fra le armi.
Nel Kendo, chudan no kamae, è una guardia consigliata fino al terzo dan, è la guardia base che permette di affinare fortemente la percezione delle intenzioni dell’avversario per mezzo del contatto fra gli shinai.
In Aikido, Chudan no kamae, è la guardia più importante, rappresentando la stragrande maggioranza delle posizioni usate nelle tecniche Tachiwaza (per chi avesse letto l’articolo precedente, già le idee dovrebbero iniziare a chiarirsi).
Chiunque abbia avuto modo di frequentare gli stages del M°Hosokawa e del M°Fujimoto non era raro che li sentisse pontificare in merito a come la spada fosse il prolungamento del braccio e consequenzialmente il braccio fosse la spada.
Differenze
Fatte le dovute premesse introduttive, veniamo ad esaminare brevemente la parte meramente tecnica.
Nel Kendo, la spada, nella forma del bokuto o dello shinai, in Chudan no kamae, protrae il Kissaki (volgarmente la punta) verso la gola dell’avversario, in una posizione perfettamente centrale.
Il rapido muoversi degli shinai in “lotta” per la supremazia del centro, governa le basi del combattimento, le due armi sono vive e si parlano, mentre i due guerrieri cercano di mantenere fisso il proprio centro, fermi nell’unico obiettivo, un colpo un ippon.
Applicando le regole del Ki-Ken-Tai (corpo, spada ed energia all’unisono) il kendoka cerca un’esplosiva applicazione di Zanshin (presenza e possenza di spirito), attraverso quello dell’avversario.
Un attento osservatore/conoscitore del kendo noterà come, andando avanti con gli anni, l’esplosività dei molti attacchi della gioventù, l’estate della vita, si tramuteranno nello studio lento e attento dell’inverno che concluderà il tutto con un’unica studiata ed efficace realizzazione.
Nell’Aikido, la spada, il bokken, guarda all’occhio sinistro dell’avversario; questo, se vogliamo, causa quasi maggior soggezione, catalizza lo sguardo dell’opponente, ma nello stesso tempo, sposta l’arma dal centro, aprendo la guardia leggermente verso destra.
Un kendoka non esiterebbe, dinnanzi ad un’apertura del genere, a ricercare un ippon a kote (polso) o a men (testa) e questo porta alla differenza filosofica che governa i due stili.
Questione di dettagli…filosofici
In Aikido, quella leggera apertura è un invito, un dare per avere, è ciò che spinge uke a prendere il polso o ad attaccare shomen (per non essere offeso e per “disarmare” o impedire di armarci), ed ciò che fa nascere la tecnica.
L’apertura in Aikido riflette anche l’apertura mentale e la circolarità dei movimenti, così come una differenza di intento finale;
Nel Kendo uno vince, uno perde; nei veri scontri tra Samurai, uno vive ed un muore, non c’è una seconda chance, non una seconda vita, solo quel momento, quel singolo colpo che separa due mondi.
In Aikido vita e morte si fondono nella ricerca dell’armonizzazione con il destino e con l’universo tutto, un cerchio, quello della vita, che non va necessariamente spezzato, ma riportato alla quiete, all’Ai, attraverso il Ki, senza forzature, senza strappi, fluidamente, Ki No Nagare.
A questo punto direi che è sufficientemente chiara la necessità in Aikido di mantenere un kamae leggermente più “aperto” per essere noi stessi aperti a tutto ciò che la vita ci presenta;
Desidero, da ex praticante di Kendo, ricordare a tutti i praticanti di Aikido, che l’attuazione di Ki-Ken-Tai e Zanshin sono pratiche comuni ed indispensabili.
Quando vi allenate con Jo e Bokken, ricordate sempre l’unione fra corpo, spada e Kiai; sono condizioni necessarie per tagliare davvero, così come chi applica Zanshin nei kata, avrà dimostrato di averli compresi e di averli vissuti.
Dedico questo articolo al M°Hosokawa Hideki che tanto mi ha dato nella pratica della spada, così come al Dojo Andrea Doria Genova Kendo di cui conservo un ricordo speciale e insegnamenti preziosissimi per il mio Aikido.
A voi va il mio affetto.
Reblogged this on Gianfranco Taormina and commented:
La tua presa deve essere come le foglie d’autunno agitate da un temporale…
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posting! Thank you, Stefanie
Continuate così, bravi!